Ammettiamolo: chi di noi non si è mai fatto uno spuntino giocando a Minecraft?
E chi non ha mai saltato un pasto, completamente assorbito da una partita a Fortnite ?
L’accoppiata cibo e gioco non è poi tanto strana: è inevitabile e costante.
È la mano che affonda nel pacco degli orsetti gommosi (che goduria!) mentre l’altra vola sulla tastiera.
È la soddisfazione che si prova chiudendo la partita di Farming Simulator, dopo un raccolto particolarmente ricco.
Per lo più, giocare mette fame, ed i gamers ne sono ben consapevoli.
Fa male mangiare sulla tastiera?
Eh sì, se lo si fa sempre sì. È difficile rendersi conto di quanto e cosa si mangi, quando si è concentrati su qualcos’altro.
Cosa vale la pena di mangiare?
Non i dolci, che danno una scarica di energia immediata ma breve (i miei orsetti gommosi, sigh).
Il pacchetto di patatine può andare, se non si perde tempo prezioso a recuperare le salviette igienizzanti ed eliminare l’unto dai tasti.
Promossi il kebab, il rotolo di piadina, il pita gyros, se ben incartati: forniscono calorie e nutrienti diversificati ma non richiedono di interrompere il gioco.
Da sempre i gamers mangiano un po’ a caso davanti allo schermo: il cibo proposto nei videogiochi, invece, è andato perfezionandosi nel tempo.
Nel divertente “Ms Pac-Man’s revenge”, il critico gastronomico Soleil Ho nota che il cibo ha sempre avuto un ruolo nei videogames. Il popolarissimo personaggio che dà il titolo all’articolo è, per esempio, una pizza a cui manca un trancio.
Ho sembra non farci troppo caso, ma è impossibile non notare l’omaggio inconsapevole del creatore di Pac-Man, il giapponese Turu Iwatani, alla cucina italiana.
Del resto, i piatti di casa nostra sono ormai patrimonio internazionale: anche le slot-machine dei casinò online (vedi qui) fanno girare sui rulli cannelloni, spaghetti e, appunto, pizza.
Tuttavia, continua il critico gastronomico, anche se il cibo c’è sempre stato, è solo nell’ultimo decennio che nei giochi sofisticati il cibo è diventato ricercato.
Sono nati blog e tutorial Youtube che tentano di riproporre versioni non pixelate delle vivande offerte nei videogames più famosi.
Cibo “virtuale”, di varia ispirazione, curato ed appetitoso: sembra proprio un sintomo della cresciuta attenzione del pubblico verso l’alimentazione in generale e la filiera del cibo in particolare.
Cosa mangiamo? Cosa contiene il nostro piatto? Da dove viene?
Con un po’ di fortuna, questo interesse potrebbe aprire prospettive importanti al settore dei videogiochi sulla sostenibilità ambientale.
E, chi lo sa, potrebbe portare anche a migliorare la qualità degli snack che consumiamo davanti allo schermo.